"Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità,di verità". Fabrizio De Andrè

martedì 3 marzo 2009

Nasce L'INFORMALE, un nuovo blog d'informazione, affiliato con l'associazione Articolo 21: tutto quello che non dovreste sapere!

Dalla voglia di scrivere, di informarsi e di informare di quattro amici, quattro studenti universitari che vedono nel giornalismo la loro strada e nella libertà di informazione il loro principio cardine nasce un nuovo blog.

E' L'Informale, www.informale.ilcannocchiale.it, che si presenta con queste parole:

Suvvia, siamo informali!

Informali per contrapporci alla formalità dell'informazione odierna, la quale troppo spesso si traduce in omissione di notizie, fatti ed avvenimenti.

Se per formalità si intende la realtà costruita oggi dai mezzi d'informazione, allora sì, preferiamo, molto più umilmente, rifugiarci nell'informalità e seguire quel sottile filo rosso della libertà d'espressione e di pensiero che l'oramai bistrattato articolo 21 della Costituzione italiana afferma e garantisce. Continua su www.informale.ilcannocchiale.it

lunedì 2 marzo 2009

Non possiamo sostituire la parola "Mafia" con la parola "Potere"?


Basta un colpo di spugna, voltarsi dall'altro lato o, semplicemente, dimenticare: così sarà possibile ignorare anche il più terribile degli eventi, il più doloroso dei massacri.
Il 19 luglio 1992, a Palermo in via D'Amelio, la mafia impose il suo silenzio a Paolo Borsellino; da una foto scattata poco dopo la strage, appare un uomo in abiti civili che porta via con sé una borsa, chiaramente del giudice siciliano. Dentro quella borsa vi era l'agenda rossa che Borsellino teneva sempre con sé: pare che lì dentro erano contenuti segreti scomodi, scoperte rilevanti sul mondo si Cosa nostra.
Quell'uomo è l'allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, che dopo 17 anni di onorato servizio oggi può vantare di essere diventato colonnello, e che ha sempre negato di aver preso l'agenda rossa sostenendo di aver restituito la borsa poco dopo l'accaduto.
Non si capisce perché, allora, l'agenda non sia mai stata ritrovata. Ad ogni modo, la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di indagare ancora su Arcangioli, archiviando il caso. Per sempre.
L'agenda non c'è, volatilizzata, scomparsa, sparita: lo sgomento rimane, assieme a 17 anni di battaglie e ricorsi che si perdono nel vuoto della memoria, nella viltà dell'oblio.
Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, è costernato: “La giustizia è morta” ha affermato, e come non dargli ragione.
Non è morta solo la giustizia: è morta la politica, il senso civico, la responsabilità individuale e collettiva.
È morta la speranza di guardare il futuro o di capire il passato: non una notizia nei tg, non un articolo nei giornali, né un commento di un politico di turno ( a parte Di Pietro): dov'è il Pd? Dove sta quella specie di specchio del Pdl chiamato Partito Democratico?
Ma soprattutto, dove sono i giornalisti, i critici, i venerabili maestri, i vari Sgarbi dei giorni nostri?
Borsellino è stato ucciso quasi 17 anni fa, come Falcone, come tanti altri, morti da soli, abbandonati dallo stato(con la s minuscola), dalle istituzioni, dai colleghi di lavoro.
Ci ostiniamo a chiamarla mafia: per umana esigenza abbiamo bisogno di dare un nome a tutto; una volta molti si affaticavano a dire che la mafia non esistesse. Poi hanno capito il gioco: si, la mafia esiste, combattiamola! Ecco che è diventata “Cosa nostra”, un semplice titolo di giornale, inchiostro su pagine vergini, fiato sprecato, fenomeno astratto ma “radicato nel territorio”, per colpa della quale il Mezzogiorno è rimasto indietro rispetto all'Italia, all'Europa, al mondo.
La mafia sarebbe qualcosa di inimmaginabile, invisibile, cattivo: da fiction, insomma! Ma non possiamo sostituire la parola mafia con la parola potere? Eppure, se si riuscisse a compiere questo cambio di concezione, forse, tutto apparirebbe più chiaro. Continuando a chiamarla mafia, siamo ancora più distanti dalla realtà di quanto non riusciamo ad immaginare. Eppure non ci vuole tanta immaginazione.
Vogliamo veramente far finta che la politica non c'entri? Continuiamo, allora! Vogliamo ignorare che Dell'Utri, il fondatore di Forza Italia, abbia avuto contatti con esponenti mafiosi? Prego!
Una cosa è certa: la mafia non la combattono le politiche di palazzo o le chiacchierate nei salotti televisivi. Il silenzio è mafioso, l'indifferenza e l'ignoranza è linfa vitale.
Quell'agenda rossa non è stata mai trovata, casualmente: magari sarà nascosta chissà dove o, prudentemente, sarà stata distrutta, bruciata.
Se è vero che tramite quelle pagine scritte da una mano coraggiosa mezzo sistema poteva saltare in aria, tanto vale consolarci con le parole di un altro grande uomo ucciso in una lotta impari contro lo Stato, Giacomo Matteotti: “Potrete uccidere me ma non le mie idee