"Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità,di verità". Fabrizio De Andrè

sabato 31 gennaio 2009

Si, in Tibet si reprime ancora


Lo sapevate? Io non l'avrei mai detto: in Tibet si reprime ancora. Certo, in televisione non si vede più nulla di questo, non se ne sente parlare, non si discute. Gli approfondimenti sul Grande Fratello meritano più spazio.
E poi le Olimpiadi in Cina sono già concluse da un pezzo, quindi chissenefregacazziloro.
Sta di fatto che il 28 gennaio "le autorita' cinesi in Tibet hanno arrestato 81 persone nel quadro di una campagna contro gli attivisti anti occupazione in vista del 50esimo anniversario della fallita rivolta contro Pechino" (fonte Il Tempo).
Si teme un'altra ondata di proteste in un Paese occupato da una dittatura.
Però si tace. A proposito: chi sono i nominati di questa settimana?

Segnalazioni:
Quello che io so su Piazza Farnese - Liberi e senza padroni!

mercoledì 28 gennaio 2009

Prove di dialogo tra un meridionale ed un leghista


Luogo: Facebook.
Contesto: un mio amico, come frase personale, chiede un suggerimento per decidere qualche argomento trattare nella sua tesi di laurea.

Inizia così il dialogo tra me ed un simpatico leghistotto. Dialogo che comincia così:

L: "La mafia e i terroni. La rovina dell'Europa, come la vedi?"

Io: "mmm anche qualcosa che fa rima con terroni, come "coglioni"...allora il tizio di prima ti può aiutare.." (scusate ma quando ci vuole ci vuole...)

L: "grazie a dio sono nato sopra Bologna e Firenze. Noi da soli saremmo più ricchi della California, Voi da soli non avreste neanche internet per entrare su facebook. E, di fatti, dove venite a studiare?"

Io: "Wow...neanche Marx o Keynes sarebbero in grado di formulare una tale teoria economica, invidiabile".

L: "...e poi noi della padania ce l'abbiamo duro. ecco."(ah,bhè, allora...)
Io:"Confermo la "Tesi sui coglioni": c'è tanto materiale da cui prendere spunto".

Prova di dialogo fallita:il leghistotto non ha più risposto.Forse perchè ce l'aveva duro. Proveremo più avanti.

martedì 27 gennaio 2009

La memoria di ieri, il razzismo di oggi


27 gennaio 1945: le truppe sovietiche dell'Armata Rossa arrivano in Polonia presso la città di Auschwitz scoprendo il campo di concentramento e liberando i pochi superstiti che vi erano reclusi.
Il mondo, o la maggior parte di esso, venne così a conoscenza dell'olocausto, del massacro di ebrei, rumeni, dissidenti tedeschi, comunisti e varie altre etnie “impure”, del genocidio che uccise milioni di innocenti.
27 gennaio 2009: più di sessant'anni dopo si commemora l'ennesima giornata della Memoria, ricorrenza annuale per ricordare i terribili eventi accaduti in quegli anni.
Ora, è giusto parlare della memoria, è giusto ricordare, è giusto commemorare, commuoversi, proclamare, giurare. Film, libri, saggi ed articoli continuano a rinvigorirci i pensieri, a ricordarci quello che è accaduto, ad inumidirci gli occhi ed a provocarci dei brividi sulla schiena.
Ma non basta.
Non basta perché, nascosti nello loro tane sprofondate nell'odio e nell'ignoranza, tanti uomini e donne, giovani e meno giovani, politicanti e apolitici oggi non hanno nulla da ricordare. Ecco: proviamo a parlare di questo.
Ci riferiamo, naturalmente, a tutti quei gruppi sociali che sotto la bandiera del neofascismo o del neonazismo professano ancora una profonda fede verso princìpi e dogmi tra cui spicca, in mezzo a quel vigore di idee ed a quello sfoggio di virilità patriottica, la macchia deplorevole del razzismo.
Forse, ma non è più nemmeno un dubbio, una “Giornata della memoria” non basta; non ne basterebbero neppure dieci o cento di giornate simili.
Prima della memoria serve la conoscenza e al fine di ottenere quest'ultima servono le istituzioni; l'odio verso il diverso, la xenofobia, il mito ariano della razza: queste parole destano meno attenzione e meno scalpore delle parole terrorismo o micro-criminalità. Sempre più spesso ci ritroviamo dinnanzi a revisionismi storici, ad incredibili forme di negazionismo dell'Olocausto, a gruppi di cosiddette teste rasate che, spranghe in mano, sfogano le loro frustrazioni guidati da falsi miti e deprecabili eroi.
Sono gli stessi gruppi neo-nazisti che spuntano nel mondo della rete, gli stessi elementi che scrivono parole razziste sui muri o che, sprezzanti del pericolo e portatori dei sani principi del coraggio e della forza morale e fisica, guidati da uno spirito di razza ariano superiore, picchiano a sprangate persone di colore inermi. Io non voglio credere che tali persone siano stupide: preferisco pensare ad un enorme, colossale errore personale dettato anche da determinati contesti e da dubbi insegnamenti, che scaturiscono poi in deboli convinzioni personali dalle quali tale violenza si genera. Quindi, più giornate della conoscenza per meglio apprezzare quelle della memoria.
Non finisce qui, purtroppo.
Proviamo per un attimo a lasciare la storia sulle pagine dei libri e guardiamo alla società di oggi, guardiamo noi stessi, le nostre abitudini, le nostre paure, convinzioni, ideologie.
Il razzismo non si è concluso con il processo di Norimberga, e questo si sapeva già; il razzismo è presente, è palpabile in ogni contesto della nostra società, delle nostre città, delle azioni politiche a cui siamo subordinati.
Il razzismo è guardare con mascherato disprezzo il vicino di casa di colore; è il surplus di cui crediamo di essere avvantaggiati per essere nati bianchi; sono le manette che imprigionano l'immigrato reo di vendere cd masterizzati lungo le nostre strade, è il lavoro in nero dei tunisini nelle campagne per pochi euro; è l'usare il termine “marocchino” come insulto, come metafora di più aspetti negativi; forme di razzismo sono i titoli dei giornali, mastodontiche lettere carattere 22, che annunciano lo stupro di una ragazza da parte di stranieri (e questi fatti, ahimè, avvengono) celando i ben più trascurabili e ordinari casi di violenza familiare; razzismo è considerare la clandestinità non come un disperato tentativo di resistere e sopravvivere in questo mondo ma come barbaro reato. A prescindere.
Razzismo è, assieme all'ipocrisia di cui tutti siamo schiavi, inneggiare agli slogan della Lega Nord ed assumere una badante ucraina che ci lava i vestiti e ci toglie dalla tavola gli avanzi della cena. La stessa ipocrisia che, con proclami autoritari, fa sgombrare i campi rom ma non sgombera i mercati di droga all'aperto di Napoli, Palermo, Catania. I rom dormono presso le stazioni, la mafia vende droga: problema sicurezza risolto. Razzismo è giustificare una guerra perchè “dobbiamo riportare i valori della civiltà e delle democrazia dell'Occidente anche in quei posti difficili”. Frase che si commenta da sola.
Quindi il 27 Gennaio, Giornata della Memoria, saremo tutti più buoni; toh, oggi dò anche uno spicciolo a quel morto di fame di chissà quale Paese che dorme per strada.
Tanto domani sarà tutto finito.

lunedì 26 gennaio 2009

Si, non c'è affare sicuro come la guerra, è pacifico


" 1- Tutto ciò che un paese forte e ricco decide, intraprende e sceglie ogni giorno ha come conseguenza e necessità:
preparare la guerra
coltivare la guerra
prevedere la guerra
accettare la guerra
avere bisogno della guerra
scegliere, ogni tanto, per quale guerra indignarsi e quale guerra dimenticare.
2- Arma e alleva un dittatore, se un giorno vuoi avere il merito di combatterlo.
3- Chi è più debole massacra, chi è più forte interviene.
4- Non esiste guerra tanto crudele da non scomparire appena si smette di parlarne...
5- Ogni multinazionale economica ha bisogno di invadere, sfruttare, scacciare e uccidere proprio come un esercito. "

Stefano Benni, Spiriti

lunedì 19 gennaio 2009

I clochard ai tempi della crisi


La crisi economica è ormai duratura, i suoi effetti avranno ripercussioni per ancora molto tempo nella maggior parte degli Stati tra cui, ovviamente, l'Italia. La bolla si è rotta di nuovo, la finanza non è la realtà e qualcuno se n'è accorto; tuttavia, miliardi e miliardi sono stati stanziati a favore delle banche, i manager sono salvi e tutti i normali cittadini ne pagano felicemente le spese.
L'Italia è in recessione, Berlusconi non ci crede e Tremonti (Ministro dell'Economia) sembra ne capisca meno di tutti. Il Pil non cresce e saremo presto fuori dai limiti di Maastricht.
C'è crisi, ma non abbiate paura! Bisogna acquistare: comprate, che la crisi passa. Non avete i soldi? Con la social card si risolve tutto: qualche giorno fa una gaia giornalista del Tg5 ha annunciato che, per fortuna, il settore del lusso non è in calo, anzi! All'ultimo salone dell'automobile in Germania i nuovi modelli sono stati presentati, fatevi avanti.
I centri commerciali sono sempre aperti, le commesse ansiose di aspettarvi, i saldi veramente ottimi! Scarpe, borse, accessori, jeans: tutto a metà prezzo, dopo averlo prima aumentato.
Anche il settore della moda, delle grandi firme, non conosce soste: ah, l'arte, dovremmo darci tutti a quella. Nel frattempo Giorgio Armani se la prende con Dolce&Gabbana, accusandoli di plagio. Capita in tempi di crisi.
Il Manchester City vuole comprare Kakà dal Milan sborsando 120 milioni di euro per la società e 15 per il giocatore: Maurizio Mosca ha definito l'offerta una delle “follie” del calcio. Ah, se non ci fossero...
Una recente ricerca negli Stati Uniti ha dimostrato che le donne hanno orgasmi migliori con uomini ricchi: economia monetaria e prestazioni sessuali, un nesso imprescindibile?
Ma dov'è questa crisi? Un'altra invenzione dei soliti comunisti che ce l'hanno con i governi? Una scusa degli operai fannulloni che sono stati licenziati?
I manager continueranno a spostarsi in Suv, Armani proporrà la nuova moda primavera-estate, le donne cercheranno uomini migliori per orgasmi ricchi, le commesse saranno sostituite da automi che non pretenderanno contratti sindacali. Bene.
Ieri, nella nostra benedetta e favolosa società civile, un altro clochard è morto su una panchina. Freddo e fame sembrano essere state le cause principali. Ma dove, negli arretrati paesi musulmani?
No, a Milano. Poco tempo fa, a Rimini, ricorderete come si è cercato di bruciarne uno vivo.
Solo che ormai la parola clochard sembra quasi una griffe piuttosto che il sinonimo di senzatetto: ovvero ” Chi non ha tetto, casa, alloggio in cui ripararsi” recita lo Zingarelli.

mercoledì 14 gennaio 2009

Occhio che non vede, Fava che non duole


Che il quotidiano “La Sicilia” non sia proprio quel luogo dove il binomio libertà – informazione costituisca il perno del giornalismo nostrano lo si era già vagamente intuito da tempo; ma la vicenda riguardante la censura di Claudio Fava sul giornale di Cianci, riportata, tanto per cambiare, solo da pochi organi di informazione come l'Unità e itacanews, non può che destare ulteriore sconforto.
Pochi giorni fa si è commemorato l'anniversario dell'omicidio di Giuseppe Fava, giornalista ucciso dalla mafia 25 anni fa, una delle tante vite spezzate a causa di una passione, un sogno: ricerca di libertà e fuga dall'omertà dilagante, fare del vero giornalismo al servizio di tutti. Ebbene.
La Fondazione Fava, presieduta dal figlio Claudio, ha a tal proposito organizzato un incontro per ricordare il giornalista scomparso; tra gli ospiti presenti spiccavano le figure di Carlo Lucarelli, premiato dallo stesso Fava, Roberto Natale e Pino Maniaci.
Evento significativo, importante e, dunque, censurato da “La Sicilia”. Come mostra la foto, di Claudio Fava non resta che una piccola parte del ginocchio, mentre nell'articolo di Sergio Sciacca non compare neppure il suo nome. Censurato.
Il sito itacanews, diretto proprio da Fava, ironizza sull'accaduto(che altro resta da fare?); non più “Claudio Fava”, ma “The invisible man”: c'è ma non esiste, si sente il suo nome, come una leggenda, ma non fateci caso, è un'illusione ottica. Si dice che si occupi di mafia, sia da giornalista che da politico; si dice che metta il dito (o meglio, la penna) nei rapporti di potere catanese; è una eco, un nome pronunciato distrattamente o sbadatamente, erroneamente, ecco. Solo un errore può giustificare la citazione dell'innominato innominabile, The invisible man.
Ma di chi si tratta? Claudio Fava? Boh, mai sentito nominare. Io, comunque, avanzerei una proposta: invece di chiamarlo “La Sicilia”, consiglierei a Ciancio di nominare il proprio quotidiano “Una parte della Sicilia”. Ed il sottotitolo: “Solo quello che vogliamo farvi vedere”.
p.s:foto tratta da www.itacanews.it
Occhio che non vede, Fava che non duole

Segnalazioni:
- La democratica campagna a favore dell'ateismo

domenica 11 gennaio 2009

Fabrizio De Andrè: se le parole non bastano


Chi era Fabrizio De Andrè? Un cantante, un artista, un poeta, un cantastorie, un cantautore o, forse, tutto ciò messo assieme, un nesso imprescindibile di qualità, emozioni, ricordi, sensazioni.
Tanto è stato scritto su Faber: libri, biografie, sceneggiature, critiche, recensioni; a dieci anni esatti dalla sua morte, la sua presenza è troppo forte per passare inosservata.
Il suo messaggio, il suo pensiero, le sue “poche idee, ma in compenso fisse”, la sua voce: è una eco che non tende a dissimularsi col passare degli anni, delle generazioni, degli stili di vita, del costume.
Pochi come lui sono riusciti a rendere la musica un impegno sociale, un motivo di coesione, una forma di denuncia velata o esplicita.

Cantava di prostitute, di inetti, di “vittime di questo mondo”, di giudici e poteri corrotti, dei tanti potenti e meschini Don Raffaè, di comandamenti e vangeli apografi, morte e solitudine, speranze e prospettive future, corruzione, false moralità, buoni consigli da parte di chi “non può dare il cattivo esempio”, vittime della guerra.
Tutti temi a cui ha dato voce, ha dato un senso, un motivo di esistere: e così Bocca di rosa faceva l'amore per passione, in Via del campo un illuso di innamora di una prostituta mentre nelle cupe stradine della Città vecchia c'è chi vende la propria madre ad un nano per qualche spicciolo;una casuale lettura di un giornale lo ispirò per scrivere La canzone di Marinella e per concederle una fine migliore di quella subita:uccisa dopo essersi prostituita.
E poi c'era il potere, la politica; dare una connotazione politica al cantautore genovese diviene impossibile dal momento in cui lui canta del marcio della politica stessa, non di una parte di essa, tanto da portarlo a dire che “non esistono poteri buoni”, a dimostrazione della sua presunta fede anarchica; tanto da considerare Gesù “il più grande rivoluzionario della storia”, ancor prima di Che Guevara, di Gandhi, di Luther King, dei rivoluzionari francesi. La politica come morte, o per meglio dire, come assassina delle utopie e dei sogni portati dentro una bara durante la Domenica delle salme, mentre la società, smarrita, cerca una direzione.
La politica ed il potere come delle nuvole, che “vanno, vengono, a volte ritornano”, le quali opprimono; politica come maggioranza ben sicura contro una minoranza inerme, indifesa, non rappresentata, soggetta al controllo arbitrario e spesso incomprensibile, a scelte ingiuste. Il tutto non può che sfociare nella lotta de “Il bombarolo”, un impiegato che decide di farsi saltare in aria dinnanzi al Parlamento, metafora, tra le più esplicite e forti dei suoi testi, del disagio sociale durante il boom economico degli anni '70.
Fabrizio come il suonatore Jones, canzone dell'album “Non al denaro non all'amore né al cielo”: una chitarra in mano, “ricordi tanti e nemmeno un rimpianto”, ricerca della libertà; libertà per un assassino affamato che scappa senza essere fermato dal pescatore che lo ha riverito; libertà tramite un suicidio in prigione per Michè o a causa delle pene di morte inflitte a Geordie o ad un blasfemo, il quale sosteneva che “Dio imbrogliò il primo uomo”.
Libertà simile alla forza di essere vento, ovvero quella del popolo rom da lui cantata, o simile a quella di Prinçesa, un trans-gender che corona il sogno di diventare donna dopo anni di sofferenza.
Libertà venuta a mancare durante il rapimento, assieme alla moglie Dori Ghezzi, in Sardegna, da cui nacque poi Hotel Supramonte.
Faber ha parlato dell'amore, dell'amore “che strappa i capelli”, dell'amore che uccide, ferisce, ricomincia, attraversa molteplici strade. Ha descritto la solitudine, il “bell'inganno” della propria anima, del dialogo e della convivenza consapevole con essa; ha cantato la fragilità di un uomo (lui stesso) non ascoltato dai suoi amici quando ne aveva bisogno, fragilità che colpisce le tante figure prese a prestito dall'Antologia di Spoon river: matti, medici disillusi, malati di cuore, chimici che mai hanno conosciuto l'amore diverso dalle formule in laboratorio.
Per capire a fondo Fabrizio De Andrè non bastano, come succede per i grandi artisti, le parole. Anche quest'ultime devono fermarsi e cedere il passo alle sue opere in sé, alle sue storie di vita simili alle denunce sociali di Pasolini, per cui ha scritto anche una canzone (Una storia sbagliata) in sua memoria.
Le parole devono fermarsi perchè questa non è una recensione né tanto meno una critica, a meno che non si voglia intendere quest'ultima come la intendeva Oscar Wilde: “una sorta di autobiografia”.
Amare Fabrizio De Andrè non significa ascoltarlo, ma viverlo.



-Segnalazioni
"La frase più attuale di tutti i tempi" e "Il vero motivo di una guerra" su liberiesenzapadroni.blogspot.com

sabato 10 gennaio 2009

Un angelo chiamato Niki



Conoscete la storia di Niki? Beh, questo video vi spiegherà tutto,vi consiglio di perdere dieci minuti del vostro tempo perchè..vabbè, ognuno trova i suoi perchè. Io l'ho trovato e ho pubblicato il post.
Immaginate solo una madre, il cui figlio incensurato(mai un problema con la giustizia) viene arrestato e portato in un carcere di super sicurezza.Il figlio si è suicidato,ma qualcosa non va,qualcosa non corrisponde alla verità. Non è un film, è lo stato italiano.

VERITA' PER NIKI!!!

Il blog della madre di Niki
Il gruppo facebook su Niki Aprile Gatti
Varie ed eventuali
"Proposta shok della Lega", di Lorenzo Chiavetta su Liberiesenzapadroni.blogspot.com

venerdì 9 gennaio 2009

I dodici comandamenti del governo 2009


Ecco le dodici imperdibili ed inprescindibili priorità dell'attuale Governo per quanto riguarda il 2009:

1 - Superamento crisi economica:più soldi ai manager, più privatizzazione dei profitti e più socializzazione economica delle perdite;
2 - Campagna acquisti: comprare un difensore, un'ala ed un centrocampista per il Milan;
3 - Decreto legge affinchè si conferisca la social card anche ai ricchi, evitare disparità;
4 - Decreto legge affinchè si conferiscano dei Suv ai poveri: se sono senza casa sapranno dove andare a dormire,almeno.
5 - Blocco intercettazioni, ognuno deve tutelare la propria privacy.Totò Riina è ancora offeso per essere stato spiato.
6 - Fare pressioni affinchè Emilio Fede riceva il premio Pulitzer(Vespa l'anno prossimo); cercare inoltre di arrivare al tanto sospirato giornale unico. Come lo chiamiamo?Boh, "Il Giornale"(unico);
7 - Alitalia:nulla.
8 - Lotta alla criminalità:590.000 soldati nelle città,340.000 pattuglie,20.000 elicotteri, 13000 carri armati.La gente così sarà più sicura;
9 - Immigrazione: fuori i clandestini che hanno commesso il reato di clandestinità. Accettati solo quelli che arrivano nel nostro Paese in Business class, magari tramite Alitalia;
10 - Lotta al precariato:solo contratti indeterminati, durata massima: 3 mesi;
11 - Più soldi all'istruzione privata: chi non può permettersela... vada a morire nella pubblica.
12 - Più soldi alla sanità privata: chi non può permettersela...vada a morire nella pubblica;
13 - Varie, molte molte varie e molte eventuali altre varie.

giovedì 8 gennaio 2009

Ballando sotto le stalle


Ricordate questa simpatica famigliola? No, non è una di quelle che non arrivano alla fine del mese, ma è la famiglia Savoia, ultimo residuo monarchico nella nostra Italia repubblican-democratica(!?).
Ricorderete come qualche tempo fa i Savoia chiesero un risarcimento di 260 milioni di euro allo stato italiano a causa dei 54 anni di esilio che hanno dovuto sopportare. Poveri.
Molti di noi si chiesero se non fosse stato più ovvio un risarcimento da parte loro, ma lasciamo stare.
Mesi dopo questa scaramuccia monetaria,il rampollo di casa Savoia Emanuele Filiberto, forse non più offeso dalla mancata elemosina pretesa, appare in una pubblicità della Rai: parteciperà all'ennesima edizione di "Ballando con le stelle", solito programma della tv pubblica che purtroppo va in onda in Italia( ma su questo tralasciamo,ci sarebbe molto da dire sulla qualità dei nostri programmi).
Ora mi chiedo: fermo restando la bellezza del principino azzurro che ballerà con la sua principessa sul pisello, è giusto che ciò accada? E' giusto che debba andare a fare la star quando, fino a poco tempo fa piagnucolava per la sua paghetta settimanale?
La nostra tv pubblica non sa davvvero più dove aggrapparsi,ed i Savoia..

Sempre per restare in tema di Tv pubblica:leggi l'appello di Grillo "Distetta RAi, tremenda Disdetta" che invita a disdire l'abbonamento del canone Rai.
Quasi quasi...

Chi muore a capodanno...


E sono 21!! Dall'inizio dell'anno già 21 morti sul lavoro: se pensiamo che l'anno è cominciato solo 8 giorni fa ci rendiamo conto che non avremo mai problemi demografici o di sovrapopolazione.
Caparezza, in un suo testo, ha parlato di un amico che per suicidarsi è dovuto andare in fabbrica. Niente male.
In Italia(e non solo) di lavoro si muore. A questo punto meglio morire di fame.
Ultima considerazione: oltre ai 21 morti (di cui NESSUNO ha parlato nei nostri indipendenti mezzi di informazione), il bilancio comprende anche 21.896 infortuni e 547 invalidi(fonte Articolo 21).
Avanti così, cara misera classe politica.